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EGLI   NON   MENTE   SE   HA TARDATO   RESTATE    IN   ATTESA VICINO   E'   ORMAI   IL   SUO   NATALE

Veglia 2005

Dedichiamo questo momento di riflessione e di preghiera a tutte le donne di cui la storia non parlerà mai ma che con la loro “Via Crucis” hanno fatto la storia.
La storia del mondo passa attraverso le donne.

Questa fila interminabile che si perde nella notte dei tempi passati e futuri, di madri, di spose, di donne di cui noi non sapremo mai nulla, ma che accettano con amore e con gioia le fatiche del vivere quotidiano, rimanendo ferme al loro posto; illuminando con il loro sorriso e la loro fede contagiosa le ombre e le fatiche delle ore tutte uguali, dell’umiliazione, dell’emarginazione, della sofferenza. Donne che sanno trasformare la scansione incolore e ulcerata della vita in un canto di amore per quel Dio che le ha scelte per dare la vita agli uomini. Non importa se nella solitudine delle campagne o nel fragore delle metropoli, la scommessa più grande si vince: rendere eccezionale la piccola vita di ogni giorno, trasformando il bianco opaco delle abitudini, dei rapporti con gli altri, degli impegni privati e pubblici in un tessuto colorato di microinvenzioni, di rinnovati entusiasmi, di inesauribili donazioni. E’ qui che si gioca il destino di ciascuno di noi: reinventare, ognuno nei limiti della propria condizione, dei piccoli passi quotidiani, un’esistenza che dia speranza, amore e gioia a chi ci sta accanto; far sussultare la vita che è in noi, quel “bambino” che donne e uomini portiamo dentro, come promessa di continuità e di collaborazione alla creazione e alla salvezza di un’umanità di cui non conosceremo mai il volto, ma che era già presente in Maria e che è presente in ognuno di noi.
Apritevi, o cieli, dateci il Giusto s’apra la terra e sbocci il Salvatore    

 

Apri i cieli e discendi sulla  terra e la prepotenza dell’uomo tramonterà  
Sgorghi dai monti la gioia e dai colli la giustizia.

 

Vieni a visitarci, o Re di pace e la nostra gioia sarà piena  
Venga l’Agnello a governare il mondo dalla solitudine deserta al monte di Sion.    

 

Vieni, o Signore, e non   tardare perdona i delitti del tuo popolo.  

Rallegratevi figli di Dio
ed esultate popolo santo:
ecco viene il Signore
e sarà gran luce in quel giorno;
dai monti e dai colli
le acque scenderanno gioiose;
perché viene il Profeta di Dio
ed Egli rinnoverà l’universo.

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e santo è il suo nome.
 
Avevo quindici anni. Da poco ero diventata donna. Anche se è passato molto tempo e sono avvenute tante cose, ricordo la tenerezza di mia madre, Anna, e la dolce fermezza di mio padre, Gioacchino. Quel giorno era sabato. Mio padre si era recato in sinagoga ad ascoltare, come sempre, la lettura di un testo della Torah e le spiegazioni che ne dava il rabbino. Mia madre ed io non eravamo potute andare e aspettavamo il suo ritorno per farci raccontare ciò che aveva sentito. Al suo ritorno ci disse che, quella mattina, Asaf, il rabbino, si era mostrato preoccupato. Le notizie che arrivavano dalle città, dove c’erano distaccamenti romani, non erano buone; si parlava di tumulti tra i nostri e si diceva anche che, nella lontana Gerusalemme, serpeggiava l’inquietudine e che, alcuni rabbini avevano annunciato che, secondo una certa profezia, che faceva riferimento alla nascita del Messia a Betlemme, la città di Davide, il suo arrivo poteva essere prossimo. Ma arrivato ad un certo punto della sua predicazione Asaf, mentre leggeva quanto era scritto, era impallidito, aveva chiuso il libro, si era seduto ed era scoppiato a piangere. Alcuni uomini del villaggio, e fra loro Giuseppe, al quale ero stata promessa in matrimonio dai miei genitori, e lo stesso mio padre, gli si erano avvicinati, ma non erano riusciti a tirargli fuori una parola di bocca. La riunione si era sciolta ma i convenuti non avevano smesso di parlare dell’accaduto, turbati da ciò che Asaf poteva aver letto.
 
“Chi prestò fede al nostro annuncio e a chi si è rivelato il braccio del Signore? Crebbe come un virgulto davanti a lui e come una radice uscente da arida terra. Non aveva figura né splendore per attirare i nostri sguardi, né prestanza sì da poterlo apprezzare.Disprezzato, ripudiato dagli uomini, uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza, simile a uno davanti al quale ci si copre la faccia, disprezzato, sì che non ne facemmo alcun caso. Eppure egli portò le nostre infermità, e si addossò i nostri dolori. Noi lo ritenemmo come un castigato, un percosso da Dio ed umiliato. Ma egli fu trafitto a causa dei nostri peccati, fu schiacciato a causa delle nostre colpe. Il castigo che ci rende la pace fu su di lui e per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti come pecore erravamo, ognuno di noi seguiva il suo cammino e il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di tutti noi. Maltrattato, egli si è umiliato e non aprì bocca; come un agnello condotto al macello, come una pecora muta davanti al suo tosatore non aprì bocca”.
 
“Sono grandi tempi, tempi di Dio: non dobbiamo temere perché il Signore non abbandona mai il suo popolo, ma dobbiamo pregare intensamente perché, in ogni momento, sia fatta la sua volontà”.
Così disse mio padre, considerando concluso il racconto e ritenendo che fosse ormai ora di andare a dormire. Ubbidii subito e, dopo aver aiutato mia madre nelle ultime faccende, mi ritirai in camera mia. Ma….. non riuscivo a dormire. Ero tranquilla, stranamente tranquilla, tuttavia non riuscivo a dormire così mi misi a pregare e a fantasticare sul Messia. Desideravo ardentemente che fosse un messaggero della pace e dell’amore di Dio ma, spesso, dovevo scontrarmi con le mie amiche e con i miei stessi cugini che se lo immaginavano come un capo militare che sarebbe riuscito a buttare fuori i romani dalla nostra patria. Certo, anche a me sembrava giusto che Dio intervenisse a nostro favore, come aveva fatto in passato, all’epoca dei Giudici o dei Re, e che inviasse un capo potente per restituire libertà e grandezza alla nostra Patria. Ma le immagini di guerra e violenza, di sangue e desolazione che sicuramente avrebbero fatto da sfondo a tale liberazione non mi piacevano per nulla. Tuttavia le cose dovevano compiersi secondo la Sua volontà e non secondo i miei calcoli o previsioni. Qualunque fosse stato il modo lo avrei accettato. Ero ancora inginocchiata, con la mia veste da notte, che avevo sollevato sulle ginocchia per non consumarla, che la piccola stanza si riempì di luce e lui apparve:
Fu allora che successe ogni cosa.

 

(da “Il Vangelo segreto di Maria” S. Martin)

STACCO MUSICALE

Il più eccelso degli Angeli fu mandato dal cielo
per dire “Ave” alla Madre di Dio.
Al suo incorporeo saluto
vedendoti in lei fatto uomo, Signore
in estasi stette.
Ben sapeva Maria
d’essere Vergine sacra
e così a Gabriele diceva:
“Il tuo singolare messaggio
all’anima mia incomprensibile appare:
da grembo di Vergine
un parto predici”…...
Desiderava la Vergine
di capire il mistero
e al nunzio divino chiedeva:
“Potrà il verginale mio seno
mai dare alla luce un bambino?
Dimmelo”. E quei riverente
acclamandola disse:

Ave, per Te la gioia risplende!
Ave, per Te il dolore si estingue!
Ave, salvezza di Adamo caduto!
Ave, riscatto del pianto di Eva!
Ave, Tu vetta sublime a umano intelletto!
Ave, Tu abisso profondo agli occhi degli Angeli!
Ave, in Te fu elevato il trono del Re!
Ave, Tu porti Colui che il tutto sostiene!
Ave, o stella che il Sole precorri!
Ave, o grembo del Dio che si incarna!
Ave, per Te si rinnova il creato!
Ave, per Te il Creatore è bambino
Ave, Vergine Sposa ! Ave, Vergine Sposa!
 

 

La virtù dell’Altissimo
adombrò e rese Madre
la Vergine ignara di nozze;
quel seno, fecondo dall’alto,
divenne qual campo ubertoso per tutti
che vogliono coglier salvezza.
Con in grembo il Signore
premurosa Maria
ascese e parlò a Elisabetta.
Il piccolo in seno alla Madre
sentì il verginale saluto,
esultò, e balzando di gioia
cantava alla Madre di Dio:

 
Ave, o tralcio di santo Germoglio!
Ave, o ramo di Frutto illibato!
Ave, coltivi il divino Cultore!
Ave, dai vita all’Autor della vita!
Ave, Tu campo che frutti ricchissime grazie!
Ave, Tu mensa che porti pienezza di doni!
Ave, un pascolo ameno Tu fai germogliare!
Ave, un pronto rifugio prepari ai fedeli!
Ave, di suppliche incenso gradito!
Ave, perdono soave del mondo!
Ave, clemenza di Dio verso l’uomo!
Ave, fiducia dell’uomo con Dio!
Ave, Vergine Sposa! Ave Vergine Sposa!
 
 

Con il cuore in tumulto
fra pensieri contrari,
il savio Giuseppe ondeggiava.
Tuttora mirandoti intatta,
sospetta segreti sponsali:
oh Illibata!
Quando madre Ti seppe
da Spirito Santo esclamo:

Alleluia

 

 

Si stupirono gli Angeli
per l’evento sublime
della Tua incarnazione divina;
che il Dio inaccessibile a tutti,
vedevano fatto accessibile uomo,
dimorare fra noi
e da ognuno sentirsi acclamare:

Alleluia

I pastori sentirono i concenti degli Angeli
al Cristo disceso tra noi.
Correndo a vedere il Pastore,
lo mirano come agnellino innocente
nutrirsi alla Vergine in seno
e inneggiano a Lei:

Gioia a Te, Madre dell’Agnello e del Pastore!
Gioia a Te, ovile di greggi spirituali!
Gioia a Te, che apri le porte del Paradiso!
Gioia a Te, perché le creature della terra
danzano insieme con i cieli!
Gioia a Te, perché le creature celesti
esultano insieme alla terra!
Gioia a Te, per cui siamo stati rivestiti di gloria.

Ave Vergine Sposa! Ave Vergine Sposa!

Osservando la stella
che guidava all’Eterno,
ne seguirono i Magi il fulgore.
Fu loro sicura lucerna
andando a cercare il Possente, il Signore.
Al Dio irraggiungibile giunti,
conteplaron su braccia materne,
l’artefice sommo dell’uomo.
Sapendo ch’Egli era il Signore,
pur sotto l’aspetto di servo,
premurosi gli porsero i doni
dicendo alla Madre beata:

 

Gioia a Te, madre di un astro che non tramonta !
Gioia a Te, splendore di un mistico giorno !
Gioia a Te, che illumini gli iniziati al mistero della Trinità !
Gioia a Te, che hai mostrato Cristo Signore amico degli uomini !
Gioia a Te, guida di saggezza per i credenti !
Gioia a Te, letizia di tutte le generazioni !
 

Banditori di Dio diventarono i Magi
sulla via del loro ritorno.
Compirono il Tuo vaticinio
e te predicavano, oh Cristo,
a tutti,
non curanti d’Erode, lo stolto,
incapace a cantare.
 

Alleluia

 

Stava già per lasciare
questo mondo fallace,
Simeone, ispirato vegliardo.
Qual pargolo a lui fosti dato,
ma in Te riconobbe il Signore,
perfetto
e ammirando stupito
l’Eterna Sapienza esclamò:

Alleluia
 

Condonare volendo ogni debito antico,
tra noi il Redentore dell’uomo discese
e abitò di persona
fra noi che avevamo perduto la grazia.
Qual Dio era nostro pastore
ma volle apparire tra noi come agnello.
Seppure Ti offrissimo inni,
per quanti granelli di sabbia, Signore,
mai pari saremmo ai tuoi doni.
Era tutto qui in terra
e di sé tutti i cieli riempiva
il Dio verbo infinito.
Non già uno scambio di luoghi
ma un dolce abbassarsi
di Dio verso l’uomo
fu il nascere da Vergine Madre.
Gli oratori brillanti
come pesci son muti per Te,
genitrice di Dio,
del tutto incapaci di dire
il modo in cui Vergine e Madre Tu sei.
Inneggiando al tuo parto
l’universo ti canta qual tempio vivente,
o Regina,
ponendo in tuo grembo dimora
chi il tutto in Sua mano contiene,
il Signore.
Tutta santa ti fece e gloriosa
e c’insegna a lodarti.
Come fiaccola ardente
per chi giace nell’ombra,
contempliamo Te, Vergine Santa.
Grande e inclita Madre,
genitrice del Sommo tra i Santi,
or degnati accogliere il canto,
preservando da ogni sventura
noi tutti
che la Madre invochiamo:

Ave, o tenda del Verbo divino !
Ave, più grande del Santo dei Santi !
Ave, corolla di Spirito d’oro !
Ave, tesoro inesausto di vita !
Ave, diadema prezioso dei santi sovrani !
Ave, dei pii sacerdoti tu nobile vanto !
Ave Tu sei per la Chiesa qual torre possente !
Ave, Tu sei per l’impero qual forte muraglia !
Ave, per Te innalziamo trofei !
Ave, per Te cadon vinti i nemici !
Ave, Tu farmaco delle mie membra !
Ave, salvezza dell’anima mia !
Ave, Vergine Sposa ! Ave Madre di Dio !

( dall’Akáthistos- inno bizantino alla Madre di Dio e della Chiesa<)

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