In un inno della solennità di San Benedetto si celebra la sapienza e la santità di cui l’uomo di Dio ha riempito la terra e gli si chiede di continuare ad illuminare il mondo con la luce di Cristo.
L’inno si sviluppa esaltando i meriti e le virtù del santo abate: «Per merito suo fiorì un nuovo ordine di monaci che poggia su un mirabile vincolo di fraternità, poiché egli con voce ferma e suadente sottomise tutti alle sacre norme della vita cenobitica. Mediante la Regola - comprovata dalla sua stessa vita - Benedetto delineò il volto dei discepoli di Gesù: liberi e insieme servi, legati dall’amore, intenti alla preghiera e al lavoro, con un cuor solo e un’anima sola».
Perciò, ecco come si esprime la penultima strofa rivolgendosi direttamente al Santo: «Sotto la tua guida, (i monaci) fraternamente lavorino e anche i popoli - sul loro esempio - gareggino nel reciproco aiuto e godano di rinvigorire sempre il dono della pace beata».
Non si può parlare di Benedetto da Norcia senza parlare anche del bene dell’unità e della pace: sono infatti la nota caratteristica che emerge da tutta la sua Regola e dalla sua stessa persona.
San Gregorio Magno, nel II libro dei Dialoghi, ne tratteggia il volto sereno, segno di un animo mite, pacato (II,3.4), il volto di un uomo che sa mettersi in relazione armoniosa con tutti e con tutto, perché è egli stesso interiormente unificato.
Anche l’epoca in cui egli visse e scrisse la Regola per i cenobiti era carica di tensioni e di contrasti. Basti ricordare che nel 546 Totila, re dei Goti, un popolo barbaro e feroce, si impadroniva di Roma e per quaranta giorni la devastava senza pietà. Deportava inoltre parte della popolazione della campagna, trascinandola lungo la via Latina che passava proprio nei dintorni di Montecassino…; faceva massacrare il Vescovo di Tivoli, e i suoi soldati terrorizzavano la gente della campagna e dei villaggi (cf. Dialoghi, II,31).
C’era pure in atto il violento contrasto tra ortodossia e arianesimo (Goti e Longobardi, infatti, erano ariani), con ripercussioni di grave entità nella Chiesa e nella società civile già spossata e confusa per il clima creatosi a causa della decadenza dell’impero romano e per l’incalzare delle invasioni barbariche.
Non stupisce, allora, il fatto che la comunità monastica radunata attorno a san Benedetto fosse costituita da persone provenienti da diverse classi sociali e persino appartenenti a diverse etnie: «Schiavi o liberi - egli scrive nella Regola - tutti siamo uno in Cristo e servendo l’unico Signore, siamo tutti sottoposti alla stessa disciplina. Infatti l’unico titolo di merito che possiamo avere per distinguerci ai suoi occhi è questo: essere migliori degli altri nel compiere il bene e vivere nell’umiltà. Uguale per tutti sia dunque la carità dell’abate» (cf. RB 2,20-22). Proprio perché la legge fondamentale della Regola - sulla traccia del Vangelo - è la carità, l’autorità esercitata con spirito di servizio è tutta protesa a creare nella comunità le condizioni favorevoli per l’unità e la pace. Si richiede perciò a tutti un costante impegno di conversione dall’egoismo all’amore oblativo. Sradicando il vizio di possesso e di autoaffermazione, si mette tutto in comune: sia i beni materiali, sia quelli spirituali, nella consapevolezza che nessuno appartiene a se stesso, ma al Cristo e quindi al suo corpo mistico che è la Chiesa.
Se le famiglie e le società del nostro tempo fossero permeate da questo spirito di ricerca appassionata della comunione e l’egoistico individualismo lasciasse spazio all’altruismo, certamente cesserebbe il processo di disgregazione che sembra diventato ovunque inarrestabile.
Per san Benedetto, dopo la preghiera, altro importante elemento unitivo della comunità è il lavoro. Un lavoro serio compiuto alacremente, in spirito di solidarietà con tutti gli uomini e finalizzato alla glorificazione di Dio e al bene comune. Egli unisce ad un elevato senso soprannaturale un profondo sentire umano ed ha un grande rispetto per ogni persona, vedendo in tutti la presenza di Cristo. Per questo anche il pellegrino, il povero, il forestiero che si presenta alla porta del monastero viene prontamente accolto, onorato e servito con premurosa carità.
Se consideriamo la maleducazione e la volgarità che hanno invaso tutti gli ambienti della nostra società - da quello familiare a quello della scuola, fino agli ambienti in cui si esercita la pubblica amministrazione e il governo dei popoli -, possiamo misurare la portata e l’importanza dell’insegnamento di san Benedetto. Quanto sarebbe necessario rimettersi alla sua scuola nella quale, del resto, non si ritrova altro che la fedele applicazione del Vangelo.
Il travaglio che i popoli dell’Europa e di tutto il pianeta terrestre stanno attraversando non potrà mai risolversi positivamente senza il ritrovamento di quei fondamentali principi evangelici che Benedetto propone nella sua Regola e che il monachesimo benedettino ha mirabilmente attuato lungo i secoli.
San Benedetto ha dunque un messaggio sempre attuale per tutti, ma specialmente per l’Europa. Per questo nostro continente è necessario insistentemente pregare:
O Dio, eterno Padre,
inviando il tuo Figlio nel mondo
Tu hai aperto davanti a tutti gli uomini
la via della Luce e della Vita
per radunarli in un solo popolo
sotto la guida dello Spirito di verità e di amore.
In quest’ora drammatica della storia,
mentre, tra fragore di guerre e gemiti di morte,
avanziamo nel terzo millennio cristiano,
fiduciosi innalziamo a Te la nostra supplica.
Per l’intercessione di Maria,
Madre dei Popoli, Regina della pace,
e per le preghiere dei santi compatroni d’Europa,
Benedetto, Cirillo, Metodio,
Caterina, Brigida, Edith,
suscita ancora uomini
di mente illuminata e cuore magnanimo
che, rinunziando ad ogni ambiziosa ricerca
di prestigio e di potere,
sappiano governare con vera sapienza
i popoli del nostro continente.
Non prevalga tra di loro la forza delle armi
e la logica egoistica del profitto economico,
ma, pervasi dallo spirito delle beatitudini evangeliche,
si impegnino a promuovere tutto ciò che li unisce
e a collaborare nella ricerca del bene comune,
per essere segno luminoso davanti a tutte le nazioni
e camminare insieme verso un futuro
di sincera fraternità e pace duratura.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
M. Anna Maria Cànopi osb
Abbazia Benedettina «Mater Ecclesiæ»
Isola San Giulio - Orta (Novara)