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Molte sono le immagini usate nella Sacra Scrittura, nella tradizione patristica e nei documenti del magistero ecclesiale, per far intuire che cos’è la Chiesa. Di essa si dice che è Sposa di Cristo, Popolo di Dio, Casa di Dio, Corpo mistico di Cristo, vigna del Signore, gregge del buon Pastore… Tutte queste diverse immagini, evocatrici di profondi significati teologici e mistici, dicono sostanzialmente che la Chiesa è una realtà viva e ordinata, dove diverse parti, legate le une alle altre, vengono a costituire un’unità armoniosa. Proprio per questo, anche la gerarchia ecclesiale non è una struttura rigida, ma una realtà di comunione fondata sull’amore.
È quanto è emerso in modo tanto toccante negli eventi ecclesiali della scorsa primavera; la morte del venerato papa Giovanni Paolo II e l’elezione del nuovo Pontefice nella persona di Benedetto XVI sono stati, per così dire, due momenti di grande catechesi, più efficaci di grossi volumi di teologia.
Silenzio, preghiera, comunione, sofferenza luminosa e gioia profonda: questi sentimenti, diffusi tra la gente, hanno creato un’atmosfera unica in Piazza San Pietro e nelle vie di Roma, mostrando così molto bene chi sia il Papa non solo per i cristiani, ma per l’intera umanità. Ci rivelano che egli è il buon Pastore che offre la vita per le pecorelle; ci dicono che è il Servo sofferente, mite e umile di cuore, che dona pace e conforto alle moltitudini affaticate e stanche; ci dicono anche che egli ha a cuore una cosa sola: la pace e la concordia universale, l’unione e la riconciliazione.
Quando, la sera del 19 aprile, sono risuonate le parole di Benedetto XVI: «Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno elettto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere», sono riaffiorate subito alla memoria altre parole sentite quasi trent’anni fa: «Carissimi fratelli e sorelle, siamo ancora tutti addolorati dopo la morte del nostro amatissimo Papa Giovanni Paolo I. Ed ecco che gli eminentissimi Cardinali hanno eletto un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un paese lontano, lontano ma sempre così vicino nella fede e nella tradizione cristiana… Non so se posso bene spiegarmi nella vostra… nostra lingua italiana. Se mi sbaglio, mi corriggerete». E ancora: «Sì, fratelli e figli, oggi un nuovo vescovo sale sulla Cattedra Romana di Pietro, un vescovo pieno di trepidazione, consapevole della sua indegnità. E come non trepidare di fronte alla grandezza di tale chiamata e di fronte alla missione universale di questa sede romana? Il successore di Pietro eleva oggi una fervente, umile, fiduciosa preghiera: “O Cristo, fa’ che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi”». E pure non sono dimenticate le parole dell’altro grande pontefice, Paolo VI: «È al cospetto di tutta la Chiesa che noi, tremanti e fidenti, accettiamo le chiavi del regno dei cieli. Noi sappiamo che questa autorità, da noi stessi tanto temuta e venerata, ci investe e ci rende Maestro e Pastore della Chiesa romana e della Chiesa universale. Ma appunto perché siamo sollevati alla sommità della scala gerarchica della potestà che opera nella Chiesa militante, ci sentiamo nello stesso tempo posti nell’infimo ufficio dei servi dei servi di Dio. L’autorità e la responsabilità sono così meravigliosamente congiunte, la dignità con l’umiltà, il diritto col dovere, la potestà con l’amore. Noi abbiamo coscienza, in questo momento, di assumere un impegno sacro, solenne e gravissimo… E avremo in una parola, con l’aiuto di Dio, cuore per tutti».
Servizio, umiltà, amore, comunione: sono queste le parole più significative sgorgate dal cuore dei Sommi Pontefici al momento di assumere il loro servizio petrino. Esse ci rimandano immediatamente a quell’intenso dialogo a tu per tu tra Gesù e Pietro presso il lago di Tiberiade, un dialogo per un più profondo incontro nel pentimento, che – in Pietro – deve diventare un più grande amore per il Signore e per i fratelli (cf. Gv 21,15-19).
«Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». A Pietro sembra di poter dire onestamente di “sì”. Ma il Signore insiste: «Mi vuoi bene davvero, più di tutti costoro?»; «Certo, tu lo sai che ti voglio bene…». E il Signore gli pone per la terza volta la domanda e attende una risposta: «Mi vuoi bene sul serio, ?no a saper perdere te stesso per me e a dare te stesso per gli altri? Sei disposto a volermi bene così?».
Come potrebbe Pietro non ricordare il rinnegamento avvenuto durante il processo nel cortile del sommo sacerdote? Come potrebbe non risentire la propria voce che per ben tre volte ha detto: «Non conosco quell’uomo»? Nel cuore gli si risveglia tutto il dolore per quel rinnegamento… E nonostante tutto, sinceramente, risponde: «Signore, tu mi vedi, tu hai in mano il mio cuore, tu vedi che cosa c’è dentro, tu vedi che pover’uomo sono. Eppure, tu vedi che, nonostante tutto, io ti voglio bene. Voglio volerti bene».
Dalla confessione di fede avvenuta a Cesarea di Filippo – «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (cf. Mt 16,16) – Pietro passa ora alla confessione di amore. E come allora aveva professato, per rivelazione divina, la sua fede a nome di tutti, così anche ora professa il suo amore a nome di tutti e per tutti. E Gesù gli dice: «Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle».
Nell’omelia della S. Messa di assunzione del ministero petrino, così Benedetto XVI ha commentato queste parole di Gesù:«Pasci le mie pecore, dice Cristo a Pietro, ed a me, in questo momento. “Pascere” vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della Parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel Santissimo Sacramento. Cari amici – in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri» (24 aprile 2005). Quanta umiltà e carità!
Ti af?do tutti i miei discepoli, dice Gesù a Pietro. Te li af?do per sempre. Amali con il mio cuore. Seguimi! Questo signi?ca dire: Se mi vuoi bene, davvero, seguimi ?no a dare la vita come io ho dato la vita per i tuoi fratelli.
«In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». «Forse questo pescatore di Galilea – diceva Giovanni Paolo II all’inizio del suo Pontificato – non avrebbe voluto venire fin qui a Roma. Forse avrebbe preferito restare là, sulle rive del lago di Genezareth, con la sua barca, con le sue reti. Ma, guidato dal Signore, obbediente alla sua ispirazione, è giunto qui. Secondo un’antica tradizione, durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: “Quo vadis, Domine?” – Dove vai, Signore? E il Signore gli rispose subito: “Vado a Roma per essere crocifisso per la seconda volta”. Pietro tornò a Roma e vi è rimasto  fino alla sua crocifissione».
Il modo vero di voler bene al Signore Gesù è dunque un continuo impegno di crescere nell’amore ?no a diventare una cosa sola con lui, ?no ad avere davvero la dimensione della sua carità, ?no ad essere con lui e in lui l’Amore, e quindi ?no a tornare con lui alla fonte dell’Amore, nel seno del Padre, portando con sé una moltitudine di fratelli salvati dall’amore.
Il modo vero di voler bene al Santo Padre, che per noi rappresenta Gesù sulla terra, è di pregare per lui, affinché il Signore lo custodisca e gli dia vita, lo sostenga e lo difenda in tutto il suo cammino. Così, infatti, si esprime la preghiera pro Pontifice:

Dio, pastore e guida di tutti i credenti,
guarda il tuo servo Benedetto XVI,
che hai posto a presiedere la tua Chiesa;
sostienilo con il tuo amore,
perché edifichi
con la parola e l’esempio il popolo che gli hai affidato,
e insieme giungano alla vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.

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